Stories, storie, Storia … noi, gli altri e la realtà

Stories, storie, Storia … noi, gli altri e la realtà

by donO
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Questo post che stai per leggere era nella mia mente e nel mio cuore da giugno scorso, dalla festa della Santissima Trinità per essere precisi. Perché ho aspettato tanto?

Perché ho preferito attendere che maturassero la visione, il pensiero, la scelta delle parole, affrontando anche la tentazione di scrivere qualcosa pur di tenere vivo il sito. Quindi, preparati a leggere un post un po’ lungo (non è una minaccia e spero possa esserti utile in qualche modo).

In quel periodo andavo riflettendo sulla narrazione, sul linguaggio ecclesiale, sullo storytelling e altre cose simili per una mia ricerca.

In quella domenica di giugno scorso, in particolare, del Vangelo mi aveva colpito il fatto che il Signore Gesù avesse parlato di Dio a Nicodemo con parole così luminose e trasparenti che in un attimo si è rinnovata in me la consapevolezza che in quelle parole c’era tutto. O meglio, il Tutto.

«Dio ha tanto amato il mondo da dare il Figlio, unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna. Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui» (Gv 3,16-17).

Gesù racconta Dio e la sua azione nella storia in due battute e non lascia fuori nessuno: in quelle parole c’è ciascuno di noi che come Nicodemo di notte incontra Gesù per porgli le sue domande, chiedere luce per i propri sentieri di ricerca di Dio, di un senso – che spesso sembra sfuggire – al buio che ci circonda. Sì, tanti di noi hanno sperimentato sulla loro pelle che ci sono davvero giorni che sembrano notti, di quelle che pare non vogliano finire mai.

Ci sono giorni che della notte si portano un prezioso carico di domande, la ricerca di qualcosa che ti faccia vivere davvero senza ripiegarti sull’ennesima compensazione anestetizzante (scrollate di social a go-go in attesa dei like degli altri, sballi senza fine pur di non sentire il peso del vuoto – anche il vuoto ha un peso – che ti porti dentro, e chissà cos’altro).

Penso al modo in cui Gesù ha illuminato Nicodemo non usando tante parole, ma le parole giuste, quelle che – quando senti l’acqua alla gola – ti fa bene ricordare per non smarrirti e non lasciarti in balia del canto delle sirene che non vogliono altro che farti schiantare.

E mi sono sentito Nicodemo con le mie domande e le mie ferite, ma soprattutto con l’invito a guardare la mia vita dalla prospettiva di Dio. Mi sono sentito provocato a riscoprirmi inserito in questa Storia che è molto più grande e significativa delle stories o reel che pubblico sui social o che vedo degli altri e su cui magari indugio investendovi anche una notevole quantità di tempo. Chissà quante volte sono state ignorate parti della nostra vita che meritavano maggiore attenzione!

Ho iniziato a pensare come dire qui la necessità di fermarsi per allargare lo sguardo ed il cuore per accogliere ed abbracciare l’inedita novità di Dio, per iniziare a fidarmi e ad affidarmi con responsabile consapevolezza a quella Storia per ritrovare il bandolo della mia matassa.

È vero, molti di noi vedono storie … degli altri, postano storie … proprie o – di nuovo – di altri. Siamo fatti di storie, eppure siamo pellegrini in cerca di una Storia la cui trama ci restituisca a noi stessi.

Mi sono accorto che, in fondo, l’uomo e la donna di ogni tempo vivono credendo, confrontandosi e collocandosi – seppur non sempre in maniera consapevole – in storie; mi pare che anche le grandi ideologie passate e presenti possano essere rilette come narrazioni del reale possibile/desiderato a cui molti affidano se stessi e le proprie attese più profonde tanto da fare di queste storie la bussola per la propria vita (pensieri, sentimenti, scelte …). Anche quando viviamo una storia d’amore di quale amore stiamo parlando? Stiamo donando noi stessi o …?

«Dio ha tanto amato il mondo da dare il Figlio, unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna. Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui» (Gv 3,16-17).

Mi ritrovo? Ti ritrovi?
Sono disposto a vivere il mio cammino da discepolo perché questa Storia e la mia siano intrecciate come un prezioso ricamo?

Ecco perché recuperare il primato della vita spirituale è più che mai urgente e, oggi, mi pare che passi anche da un uso coerente dei mezzi e canali di comunicazione, protesi più o meno coscienti della vita di ciascuno.

Qualche sera fa ho detto alla mia comunità che pubblichiamo poco le nostre attività sui social (anche noi abbiamo fatto l’oratorio estivo) perché preferisco che cresciamo come comunità dei volti più che dei profili. La meravigliosa ricchezza di dettagli di un volto (un sorriso, un broncio, una linguaccia, il pallore, ecc…) non potrà mai essere rappresentata in pienezza da un profilo o da un emoticon; anche le mie storie social non potranno raccontare la profondità di un incontro, di un momento bello vissuto in oratorio … non ho le foto dei gavettoni, ma io e gli animatori conserviamo nel cuore gli occhi di chi era felice e soddisfatto di essere riuscito finalmente a bagnare il don.

Facciamo un piccolo esperimento: metti sul cellulare la foto del tuo dolce preferito: a meno che tu non inizi a leccare, toccare o annusare il tuo smartphone, ti sei appena accorto che gusto, tatto e olfatto non ti sono restituiti nella loro verità. Tre sensi su cinque sono come disabilitati dal digitale; teniamolo a mente.

Un’ultima cosa. Oggi a tutti è offerta la possibilità di raccontare storie, ma anche di non dire tutta la storia … eppure qualche volta si preferisce tralasciare quella parte della storia che potrebbe mostrare le nostre incoerenze e le nostre fragilità. (nb: hai già letto il mio articolo su #fallotu ?)

È vero, qualcuno ci verrà dietro con il suo like, ma quella parte nascosta della storia continuerà a gridare forte dentro di noi. Sarebbe un bel segno di maturità affrontare dentro di sé quel travaglio (è pur sempre preludio di una nuova nascita) e con buona probabilità qualche sana lacrima – come un efficace collirio – ci restituirà una visione più limpida e realistica di noi e della nostra storia: “Ieri è storia. Domani è un mistero ma oggi è un dono, per questo si chiama presente” (Maestro Oogway in Kung fu Panda).

Finisco.

Piccolo esercizio per far crescere la consapevolezza di sé. Quando scelgo le priorità delle cose da fare, quando faccio o dico qualcosa sugli altri, quando proseguo in un’abitudine (buona o sbagliata che sia), ma anche quando gironzolo sui social … di quale storia mi sto fidando? Quale storia sto ascoltando? Chi sto cercando e dove lo sto cercando?

Se proprio vuoi ascoltare una storia vera che riguarda la tua vita e ti libera il cuore sin dalla radice, trova qualche minuto per fermarti e torna a quella pagina del Vangelo di Giovanni; è una Storia affidabile … Dio non rifila fregature.

Ti abbraccio.

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