Qualcuno sicuramente obietterà che ci sarebbe qualcosa di più urgente da fare. Credo possa dipendere anche da che idea ci siamo fatti della preghiera e… della vita, della nostra relazione con Dio. Sulla preghiera mi fermerò in un prossimo post: mi sta davvero a cuore come tema centrale per la vita cristiana, ma oggi vorrei che anche chi fa fatica a pregare si accorgesse dell’importanza del tema della vocazione.
Oggi è una giornata speciale per la Chiesa perché si celebra la 58.ma Giornata Mondiale di Preghiera per le Vocazioni. So già che qualcuno starà pensando che è cosa da preti e suore e che poi “A me che mi interessa?”. Siamo proprio sicuri che non ci debba essere una certa sensibilità verso questo tema da parte di tutti?
Quello che celebriamo in questa Giornata riguarda davvero tutti o, almeno, tutti coloro che vivono la vita animati dalla passione personale di farne un capolavoro da non tenere chiuso in cantina. Quella per la vocazione – specie di figli e ragazzi che ci sono affidati – è sicuramente un’attenzione quotidiana sia per vivere noi in primis la nostra vocazione (e/è missione), sia per sostenere il loro cammino di crescita perché non sciupino la vita. In un documento del lontano 1997, Nuove vocazioni per una nuova Europa si legge al n.16 che “la percezione che la vita è un dono non dovrebbe suscitare soltanto un atteggiamento riconoscente, ma dovrebbe lentamente suggerire la prima grande risposta alla domanda fondamentale di senso:
la vita è il capolavoro dell’amore creativo di Dio ed è in se stessa una chiamata ad amare. Dono ricevuto che tende per natura sua a divenire bene donato“.
Ed è quello che i genitori fanno ogni santo giorno donando oltre il 100% ai loro figli e alla società. Spesso all’inizio degli incontri pensati apposta per loro, propongo ai genitori di fare un piccolo esercizio: “adesso chiudete gli occhi e sognate il futuro dei vostri figli”. E li vedo tanto immersi nel loro cuore in quei secondi che vorrei lasciarli così; appena riaprono gli occhi, negli sguardi di molti di loro è leggibile una rinnovata consapevolezza sul presente del grande dono che gli è stato affidato (i figli, appunto).
Subito dopo gli chiedo se stanno mettendo in campo tutte le energie e strategie perché quel sogno possa iniziare a realizzarsi; sì, perché non basta sognare con e per loro, ma occorre chiedergli (ai pargoli 🙂 ) di riacquisire e affinare quella sensibilità spirituale che fa guardare la vita come un dono da non sciupare, la società come lo spazio concreto per fare la propria piccola – eppure importante – parte per il bene di tutti (senza scaricare il nostro barile sugli altri), la libertà e la responsabilità come la più grande sfida a realizzare il bene reale anche quando sono proposte più luccicanti scorciatoie che portano in un vicolo cieco, l’impegno serio quotidiano come l’allenamento migliore per essere davvero in forma non solo a livello fisico, il rispetto per tutti come il riconoscimento che siamo davvero, qualora non l’avessimo ancora capito, “padroni di niente” e tutti sulla stessa barca.
Ve li immaginate i nostri ragazzi la sera, alla fine di una giornata, a riflettere su questi cinque punti, magari guidati dalla stella polare di una frase del Vangelo?
Pregare per le vocazioni per me, inoltre, è un atto di fede perché Credo che Dio chiama anche oggi alla vita e all’amore – nella forma pasquale donataci da Gesù nel Vangelo – anche se non siamo più allenati all’ascolto della sua Voce (figuriamoci a voler fare discernimenti senza questa base, vabbè, lasciamo perdere!); è un atto di speranza perché riconosco nei giovani di oggi gli uomini e le donne di domani che potranno dare una raddrizzata a questo mondo e faccio il tifo per loro e gli chiedo anche di essere esigente con me che in parrocchia non gli offra solo momenti ludici, ma prima momenti in cui accolgono da Dio la loro vita tra le mani e la guardano con i Suoi occhi; è, infine, un atto di carità: vuol dire dare il mio contributo perché coloro ai quali suggerisco di volare alto come le aquile abbiano – anche grazie al mio aiuto – le ali libere da ciò blocca davvero il loro volo.
Questa immagine è proprio una pro-vocazione (etimologicamente parlando).
Concludo con alcuni testi che possono suggerire al nostro spirito qualcosa di importante.
Intanto, uniti nella preghiera.
donO
“Qui c’è gente che spera in mezzo a gente che spara e dispera l’amore. Qui c’è chi non capisce che prima di tutto la vita è un valore, la vita è un valore” (Fiorella Mannoia, Padroni di niente)
“Produciamo uomini senza petto e ci aspettiamo da loro virtù e intraprendenza. Ridiamo dell’onore e ci stupiamo di trovare dei traditori in mezzo a noi” (C. S. Lewis, L’abolizione dell’uomo)
Vocazione
Vocazione. È la parola che dovresti amare di più.
Perché è il segno di quanto sei importante agli occhi di Dio.
È l’indice di gradimento, presso di Lui, della tua fragile vita.
Sì, perché, se ti chiama, vuol dire che ti ama.
Gli stai a cuore, non c’è dubbio.
In una turba sterminata di gente risuona un nome: il tuo.
Stupore generale.
A te non aveva pensato nessuno.
Lui sì!
Più che “vocazione”, sembra una “evocazione”.
Evocazione dal nulla.
Puoi dire a tutti: si è ricordato di me.
E davanti ai microfoni della storia (a te sembra nel segreto del tuo cuore)
ti affida un compito che solo tu puoi svolgere.
Tu e non altri.
Un compito su misura… per Lui.
Sì, per Lui, non per te.
Più che una missione, sembra una scommessa.
Una scommessa sulla tua povertà.
Ha scritto “T’amo” sulla roccia, sulla roccia, non sulla sabbia come nelle
vecchie canzoni.
E accanto ci ha messo il tuo nome.
Forse l’ha sognato di notte. Nella tua notte.
Alleluia.
Puoi dire a tutti: non si è vergognato di me.
don Tonino Bello
E la preghiera? Eccola