In questo post riporto il mio saluto all’amata comunità parrocchiale di Santa Croce in Laterza al termine del mio servizio pastorale di parroco ed il messaggio di Federica C. (appena Annalisa e Tonino mi faranno recapitare i file dei loro messaggi, volentieri li inserirò).
A tutti ancora GRAZIE!
Saluto alla Comunità di Santa Croce – Laterza
30 agosto 2020
Carissimi,
per parlare al cuore non ci vogliono molto parole, ci vogliono le parole giuste. Eppure, lo confesso, stasera è davvero difficile trovare le parole giuste per ringraziare il Signore e questa comunità per i 9 anni di cammino condiviso.
Prima di tutto chiedo scusa a tutti al termine di questo cammino condiviso se qualcuno si è sentito ferito dai miei modi o anche solo dalla decisa esigenza che tutti ci sentissimo “non perfetti ma sempre in cammino” e qualche volta, i collaboratori lo sanno, ho dovuto far sentire la mia voce per rimettere sotto la luce giusta i nostri percorsi.
Non perfetti ma sempre in cammino
Permettete che saluti anche coloro che, come ho detto all’amico giornalista Michele Cristella, hanno parlato male di questa comunità ecclesiale pur senza frequentarla. Non mi va di avere assolutamente di aprire polemiche giusto stasera, ma sto ancora aspettando qualche genitore “gigante sulla tastiera” dei gruppi WhatsApp di prima comunione: sono stati invitati a venire a parlare di persona invece di sferrare attacchi insensibili e miserabili alla parrocchia e ai suoi operatori.
Prego e pregherò per la loro serenità.
Ma torniamo alle cose belle! E allora Grazie, grazie di cuore per tutti i doni di cui mi avete arricchito: da questa preziosa Casula al sostegno per il mio servizio di studio e di insegnamento. Grazie per tutto quello che abbiamo condiviso senza timore, fidandoci gli uni degli altri anche quando sembrava impossibile e difficile.
Salendo ancora più in alto, grazie per i legami di amicizia, di affetto sincero, di fraterna solidarietà, di concreta vicinanza e di silenziosa custodia (quanto è importante che non facciate mancare “un fiato” al vostro parroco).
Insieme, perché da solo non Oronzo non avrebbe fatto potuto fare nulla di quello che si è riusciti a realizzare, abbiamo fatto tantissimo: a partire dai lavori di restauro di questa chiesa culminati con la benedizione di questo tabernacolo nel 2015. Grazie a quanti con me – in modo particolare al gruppo di collaboratori che mi ha aiutato nei mesi scorsi – hanno creduto e continueranno a credere nella realizzazione delle nuove opere e del salone parrocchiale. A Don Luigi sarà chiesto ora solo di dare l’avvio ai lavori appena da Roma arriverà l’autorizzazione finale.
Grazie carissimi. Grazie a tutti i gruppi, a tutte le persone che si sono fatte carico della vita della parrocchia in questi anni e continueranno a farlo per amore di Dio e dei fratelli. Grazie ai gruppi, preziosa esperienza di comunione e condivisione. Permettete un ringraziamento al Signore per l’esperienza dell’oratorio che si sta rivelando sempre più porta di ingresso alla vita della comunità per tante persone giovani e non (ovviamente non pensate a quelli che continueranno a venire pensando di poter comandare in luoghi in cui non ci deve essere spazio per personaggi in cerca di potere).
Devo essere onesto. Nei giorni scorsi mentre preparavo i pacchi ho pianto spesso. Al momento non so immaginare ancora la mia vita senza di voi, senza i ragazzi, l’oratorio, questa amata Città. Se è vero, com’è vero, che tra il dire e il fare c’è di mezzo il cominciare, ricordiamoci sempre che le cose si fanno con chi c’è, non chi è disponibile ma poi non c’è perché impegnato a fare il teorico con la vita degli altri.
Difendete questa vostra comunità, perché se sparate al conducente dell’autobus su cui siete state viaggiando, fuoristrada ci finite anche voi.
So che mi aspetta una nuova missione e a questa missione sono chiamato per fare la volontà di Dio. A tutti voi chiedo di pregare con me e per me perché siate anche contenti che il vostro parroco vive la sua vocazione e la sua missione nell’obbedienza promessa al Vescovo nel giorno della sua ordinazione sacerdotale.
Non potevo non lasciarvi con una bomboniera: una piccola calamita per famiglia da mettere sul frigorifero (luogo frequentato da tutti i membri della famiglia*) su cui sono riportati un’immagine e una frase.
L’immagine rappresenta un uomo che si prende cura di un germoglio, di un inizio di vita, di ciò che è piccolo ora, di ciò che agli occhi di alcuni non merita attenzione. Ma una luce – sì perché una luce ci vuole – una luce proiettata su quell’uomo ne mostra la realtà nascosta: l’ombra dell’uomo che coltiva quel piccolo germoglio, quel modesto inizio di vita, sarà lo stesso uomo che coglierà i frutti maturi da quell’albero custodito e fatto crescere con tenerezza e fermezza.
Guardo a questi anni così, alla cura riservata a ciò che iniziava e andava coltivato, alla passione per uno sguardo lungo, anche quando si trattava di andare contro luoghi comuni e schemi vecchi.
Accanto all’immagine c’è una frase in inglese “It’s up to you now” (tradotta in italiano: adesso tocca a te) perché ogni giorno a ciascuno di noi è data la possibilità di coltivare e far crescere i doni che il Signore ci affida.
Maria Santissima Mater Domini, la quale continua a ripetere a ciascuno di noi “non aver paura, Abbi fiducia, non temere” interceda per noi e ci custodisca tutti nell’amore del Padre. Amen.
Grazie, grazie, grazie.
Caro don …
Caro don Oronzo,
dopo nove anni passati insieme, è difficile trovare delle parole in questo momento e realizzare ciò che sta accadendo. Sicuramente, a seconda delle diverse esperienze vissute, ognuno (e con “ognuno” si intende tutta la gente che ha condiviso con te una parte del suo percorso di formazione) sta metabolizzando in modo diverso il tuo andar via. Tu conosci meglio di tutti la situazione qui e sai che ogni giovane che è passato di qui ha vissuto in modo diverso la vita parrocchiale: c’è chi, nonostante tutto, è ancora qui e, diventando “grande” con te e grazie a te, ha vissuto insieme a te le belle e le brutte esperienze, come il tirarsi indietro di alcuni, che invece, benché potessero sembrare anche tra i più partecipi e attivi del gruppo, sono andati via, preferendo scegliere la strada più facile, anziché quella più giusta, che sarebbe sicuramente stata più complessa, ma avrebbe portato a risultati migliori, come ci hai insegnato tu. Così come ci sono stati giovani che hanno mollato durante il percorso, ce ne sono stati anche altri che sono saliti sul nostro treno dopo, senza poi più scendere.
A prescindere da tutto, però, si è sempre andati avanti, perché come dici sempre tu: “le cose si fanno con chi c’è”. Infatti, nonostante gli alti e i bassi, questa tua affermazione è diventato quasi uno stile di vita in parrocchia, avendo sempre valore. Forse la maggior parte delle esperienze che abbiamo vissuto insieme ne sono la prova, perché tutti siamo bravi a parlare e a dire di voler fare di tutto, ma, come dici tu, “tra il dire e il fare c’è di mezzo il cominciare” e quando le cose si cominciavano a fare e poi anche a complicare, cominciava anche a venir meno gente che era però stata brava a parlare. Tu, infatti, ci hai anche sempre detto che sono tutti bravi ad esserci nei momenti in cui va tutto bene: si vede chi ci tiene veramente solo quando le cose di complicano e in pochi restano. Anche in pochi, siamo sempre riusciti a fare tanto, perché noi crediamo davvero in ciò che abbiamo scritto sul murales in Oratorio: “Se ognuno fa qualcosa, allora si può fare molto.” Proprio l’esperienza in cui quel murales è stato realizzato ne è la prova. Infatti sai benissimo che molti si sono opposti all’idea di mettersi in gioco in questi tempi tutt’altro che facili, ma tu, nonostante tutto, sei riuscito a trovare il modo di renderti utile per gli altri, realizzando “non il solito grest” anche solamente con le poche persone che con te e come te, sul tuo esempio, si sono messe a servizio del prossimo, perché, come ci hai sempre detto tu, basta mettersi in gioco.
Anche i ragazzi di terza media, che hanno iniziato a collaborare più attivamente da poco, dicono che ogni giorno passato con te è stato come scrivere pagine di un libro piene di emozioni, sentimenti e avventure; che con impegno, costanza, dedizione, e soprattutto la Fede in Dio, ci hai trasmesso l’importanza proprio di queste caratteristiche per vivere le nostre vite; che il rispetto reciproco e la disciplina hanno sempre contraddistinto i momenti passati assieme e, proprio grazie a questi, ogni momento è stato pieno di significato e di insegnamenti che conserveremo per tutta la vita; che hai lasciato un segno indelebile anche con i tuoi scherzi, in alcuni dei quali ti sei rivelato, come dici tu, proprio “un Oronzo”; che certamente non può bastare una serata per elencare tutto il bene che hai fatto, tutte le esperienze condivise, quello che ci hai trasmesso; che tutto ciò non si potrà mai dimenticare, perché le cose belle prima o poi finiscono, ma tu hai lasciato un segno indelebile nelle nostre vite.
Tutti noi concordiamo con i loro pensieri e, così come noi teniamo a te, è risaputo il tuo tenere a noi: ne sono la prova tutte le volte in cui hai insistito per farci fare qualcosa che noi, per pigrizia, non volevamo fare, ma tu sapevi che ci avrebbe aiutati a crescere. Ci hai insegnato l’importanza del tempo e ci hai resi consapevoli di quanto sia sciocco vivere la nostra vita da pigri, viverla “tanto per”, senza far fruttare davvero i nostri talenti, che tu hai sempre cercato di valorizzare al meglio, e di quanto invece sia importante vivere “tanto da”: sembra che cambi solo una preposizione, ma, come ci hai fatto capire tu, in realtà cambia il senso dell’affermazione, perché “vivere tanto da” ci fa considerare la nostra vita una “meraviglia stupenda”, come recita il salmo che ci ha accompagnati in diverse occasioni in questo cammino.
Proprio per evitare che noi vivessimo “tanto per”, come ho già detto prima, hai sempre cercato di far fruttare i nostri talenti e farci crescere, facendoci sempre mettere in gioco: basti pensare a tutti i grest e agli spettacoli di questi, basti pensare al “coro” che quest’anno abbiamo cercato di mettere su, basti pensare all’aspetto che ha ora il nostro Oratorio e confrontarlo con l’aspetto che aveva prima. Tutto questo perché è risaputo che con te “finiscono le scuse e fioriscono i talenti”, come è scritto vicine le porte del locale dell’Oratorio: locale che non esisteva prima che arrivassi tu.
Ti sei preso cura di noi, rappresentando per noi una figura completa, un esempio da seguire. Ci hai sempre fatto capire che c’è una via di mezzo in tutto, un limite che non bisogna oltrepassare: basti pensare a tutti i briefing in cui ti sei arrabbiato con noi perché avevamo esagerato con i giochi d’acqua tra i bambini o anche tra noi animatori, basti pensare a tutti i tuoi cazziatoni, che ognuno di noi almeno una volta in questi nove anni ha “subito”, perché, come dici tu prima di uno di questi, “quando si scherza, si scherza, ma mo basta.” Grazie perché sei stato e sarai sempre una figura completa, un esempio da seguire proprio per questo: ci hai insegnato a rispettare i ruoli e, anche grazie ai tuoi cazziatoni, ci hai insegnato proprio cos’è il rispetto e cosa significa farsi rispettare, rispettando gli altri. Infatti la prima delle regole che abbiamo insieme stabilito quest’anno durante la nostra esperienza estiva era proprio quella del rispetto: delle regole imposte a causa del covid, degli altri, degli ambienti. Ci hai fatto capire cosa significa rispettare gli altri e prendersi cura degli altri anche, anzi soprattutto, per il semplice fatto che, nonostante i tuoi innumerevoli impegni, hai sempre trovato spazio per tutti noi, non dimenticandoti mai di nessuno.
Forse, però, siamo stati noi alle volte a dimenticarci di te: scusa se non ti siamo stati accanto quando ne avevi bisogno, dimenticandoci che anche tu sei un umano e che, da tale, anche tu vivi momenti difficili, di cui noi spesso non ci siamo neanche accorti, mentre a te basta anche solo sentire la nostra voce tramite un telefono, per capire se abbiamo bisogno di aiuto o di sfogarci con qualcuno. Grazie per averci fatto capire che avere un dialogo, comunicare, è importante: nessuno ha la “sfera di cristallo”. Grazie proprio per averci insegnato a chiedere aiuto nel momento del bisogno, perché tutti abbiamo dei limiti e non è umano tenersi tutto dentro, senza mai esplodere, e per questo tutti abbiamo anche bisogno del famoso momento “pausa e pianifica”, di cui ci hai spesso parlato nell’ultimo periodo. Scusaci se alle volte non ti abbiamo ascoltato e, invece di fermarci e capire se davvero fosse il caso di dire o fare qualcosa, l’abbiamo detta o fatta lo stesso, essendo spesso anche fuori luogo.
Scusa anche se, in momenti di questo tipo o in generale, ti abbiamo deluso, anche se, come dici tu, “non siamo perfetti, ma in cammino” e siamo davvero contenti di aver condiviso un bel tratto del nostro cammino di crescita con te. Grazie perché proprio in questo cammino, così come noi abbiamo imparato a conoscere te, tu hai imparato a conoscerci e così hai capito come prendere per mano ognuno di noi e dire a ciascuno nel modo più adatto: “Prendi sul serio il tuo futuro”. Questa è una cosa che spesso viene sottovalutata, perché si dice che “è troppo presto per pensarci”, definendocisi ancora piccoli per pensare a questo, ma solo per pensare a questo. Noi invece grazie a te abbiamo proprio imparato a non dare per scontato e a non sottovalutare niente.
Grazie per averci fatto capire che per vivere la vita c’è bisogno di determinazione, c’è bisogno di fortezza, c’è bisogno di idee chiare; grazie per averci fatto capire anche che per raggiungere queste c’è bisogno di discernimento, che a volte porta anche sofferenza, ma “tutto concorre al bene di coloro che amano Dio” (Rm 8, 28-30). Grazie proprio per averci insegnato a non guardare le cose nella loro superficialità, ma sempre in profondità: grazie per averci insegnato ad andare oltre e che, se il momento di discernimento o di “pausa e pianifica” possono sembrare momenti di sola sofferenza, sono proprio quei momenti in realtà a farci capire se stavamo davvero prendendo sul serio il nostro futuro, costruendo sulla roccia, oppure stavamo semplicemente costruendo sulla sabbia.
Grazie per averci fatto capire che la Fede, anche se spesso non lo ammettiamo, gioca un ruolo fondamentale e determinante nelle nostre vite: a partire dalla messa domenicale, a cui tutti sappiamo quanto tu tenga, fino ad arrivare al vivere il Vangelo nella nostra vita quotidiana, cosa che, anche seguendo il tuo esempio, stiamo pian piano imparando a fare, perché, guardando te, abbiamo capito che non è una grande cosa o meglio, lo è, ma è comunque un insieme di tanti piccolissimi tasselli, come in un mosaico, tanti piccolissimi gesti che possono aiutarci a fare della nostra vita un capolavoro.
Grazie per esserti fidato di noi e scusaci se a volte non c’è stata fiducia da parte nostra nei tuoi confronti o abbiamo fatto fatica a fidarci di te e ad affidarci a te. Grazie per aver reso Santa Croce una seconda casa per tutti. È come se il Signore, così come ha chiamato te qui tra noi, avesse chiamato anche tutti noi qui a servire con te: stava a noi accettare la chiamata o rifiutarla e noi, che oggi siamo qui con te, non ci pentiamo di averla accettata. Ora Lui chiama te a togliere l’impalcatura, come dici tu, dalla costruzione che hai realizzato qui, per andare a montarla altrove, dove c’è più bisogno; al contempo chiamo noi a non buttare giù la magnifica costruzione che ti abbiamo aiutato a mettere su: come dici tu, ora sta a noi continuare, mettendo in pratica tutto ciò che abbiamo imparato in questi nove anni.
Siamo consapevoli che questi anni sono stati un dono e, se guardiamo oltre la sofferenza di questo momento, in cui dobbiamo lasciarci andare, anche questo è un dono e anche tutto ciò che verrà lo è. Sono tante, troppe, le cose che abbiamo imparato con te e forse sarebbe impossibile ringraziarti per queste una per una, ma vogliamo almeno chiederti scusa per tutte le occasioni che abbiamo sprecato, che ci avrebbero aiutati a crescere un po’ di più. Teniamo a dirti che in noi troverai sempre una seconda casa e che, proprio per questo, quello di stasera è un semplice arrivederci.
Ti auguriamo tutto il bene possibile per il nuovo percorso che stai per intraprendere e sappi che noi continuiamo sempre a pregare per te. Siamo davvero soddisfatti di ciò che abbiamo costruito insieme e preghiamo affinché nulla venga buttato giù e anche affinché tu possa costruire qualcosa di altrettanto bello e crediamo in te e sappiamo che ce la farai.
Ora, ricorda l’immagine che più volte ci hai mostrato dell’omino su un burrone che continua a guardare la distesa di fiori giù dal burrone, senza accorgersi del fiore dietro di lui, che è anche il più vicino. Bene. La distesa di fiori giù dal burrone potrebbe rappresentare tutte le esperienze e tutte le cose belle e brutte che abbiamo insieme abbiamo fatto in questi anni, l’omino potrebbe rappresentare te e potrebbe allo stesso tempo rappresentare noi, mentre il fiore i nuovi percorsi che tu e anche noi stiamo per intraprendere. La distesa di fiori l’hai creata tu, con il nostro aiuto, sì, ma hai seminato tu e, con il tempo, sono sbocciati i fiori, ma ora è arrivato il momento di andare avanti: per te è arrivato il momento di seminare ancora, sì, ma altrove, e per noi è arrivato il momento di aiutare qualcun altro a seminare. Sia noi sia te dobbiamo far sì che ci siano tanti altri fiori a fare compagnia all’unico fiore, che ora è il più vicino.
Sappi che per noi sarai sempre un punto di riferimento, perché le persone speciali non sanno di esserlo, ma meritano di saperlo e tu per tutti noi sei davvero speciale.
Grazie davvero di tutto, ti vogliamo bene don