Natale, un viaggio dal cuore di Dio al tuo

Natale, un viaggio dal cuore di Dio al tuo

by donO
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Chi segue questo piccolo blog sa bene che scrivo quando nel mio cuore ha trovato dimora un tema che ritengo importante condividere.

In diverse occasioni, preparandoci al Natale, la liturgia ci ha indicato in uno dei testi liturgici l’Eucarestia definendola il “sacramento che a noi pellegrini sulla terra rivela il senso cristiano della vita” e ogni volta ho sentito quelle parole come rivolte a me chiamato a riconoscermi pellegrino (non turista) che ha da muovere i suoi passi lungo la direzione indicata da Cristo piuttosto che da altri (che so? Narciso, per esempio, o Aergia, personificazione della pigrizia).

Questo “senso cristiano della vita” e la sua differenza appaiono ancora più luminosi nella solennità del Natale del Signore. Perché un cristiano festeggia e vive nella gioia? Perché un cristiano – al netto dei mille impegni – un’oretta la trova per stare con il festeggiato?

Ho pensato al dono che è il Signore Gesù con la sua venuta: è gioia, gioia vera, non esibita (anzi, da esibire al mondo ha ben poco), ma vissuta perché tocca le corde più profonde del cuore.

E allora mi piace pensare che il Signore nasce perché anche io e tu – che pazientemente leggi questo post – possiamo sentire la sua carezza sul nostro cuore ferito dalla vita o da scelte non evangeliche, possiamo trovare la luce nel buio dei vicoli ciechi in cui ci cacciamo ogni volta che pensiamo di potercela fare da soli; perché possiamo sorridere perché scopriamo che – nonostante i nostri tanti errori – ci è data la possibilità di ricominciare con più umiltà e maggiore realismo, possiamo sentirci avvolti in un abbraccio di tenerezza in cui non c’è bisogno di parole perché chi ti abbraccia sa che hai bisogno solo di un rifugio dove non fingere di essere forte o di essere altro per piacere agli altri, perché possiamo avvertire anche la tenera fermezza di una mano che ci afferra e ci sussurra con amore “mo basta!” perché è tempo di finirla con le scuse e di cominciare a far fiorire i talenti.

Com’è questa gioia non la desidera più nessuno?
E noi, cosa facciamo perché questa gioia davvero giunga al cuore di tutti?

Non entro nei dettagli, ma una delle ultime esperienze pastorali mi ha come sbattuto in faccia questa triste constatazione: non c’è più il desiderio di Dio e tocca alla comunità ecclesiale risvegliare la ricerca di Dio e, per dirla con Papa Francesco in Lumen fidei, prendere seriamente atto che “Il risveglio della fede passa per il risveglio di un nuovo senso sacramentale della vita dell’uomo e dell’esistenza cristiana, mostrando come il visibile e il materiale si aprono verso il mistero dell’eterno” (n. 40).

Allo stesso tempo però, mi chiedo se tale deriva non dipenda anche da realtà ecclesiali che – sebbene presenti nelle parrocchie – purtroppo non sentono l’evangelizzazione come obiettivo primario della loro missione e convintamente somministrano qualcosa per far passare il tempo a base di animazione simil turistica invece che annunciare il Vangelo in tutta la sua bellezza. Come scrive Marracash in “Tutto questo niente”, spesso si addice a noi la frase “Riempio il tempo e non colmo il vuoto” (come a dire “faccio cose tanto per, ma nessuna tanto da; perdo tempo mentre la vita mi scorre tra le mani!”).

Credo che la risposta sia nelle parole che San Paolo scrive a Tito e che vengono proclamate nella Messa della notte di Natale (Tt 2, 11-14): “è apparsa la grazia di Dio, che porta salvezza a tutti gli uomini e ci insegna a rinnegare l’empietà e i desideri mondani e a vivere in questo mondo con sobrietà, con giustizia e con pietà”.

Sì, abbiamo letto bene: il Signore viene per insegnarci a vivere in questo mondo, non sulla luna (altro che alienazione!) con relazioni che fanno della comunione con Dio e con gli altri la misura ed il criterio per la propria esistenza: il rapporto con le cose (sobrietà), con gli altri (giustizia), con Dio (pietas).

La gioia del Natale con il festeggiato, allora, è il frutto di questa rinnovata consapevolezza di se stessi e del desiderio di farsi pellegrini lungo i sentieri del nostro quotidiano alla ricerca del volto di Dio per riscoprirci chiamati ad una pienezza della vita per la quale siamo fatti e che non è acquistabile, né conquistabile. È, come tutti i doni più belli della vita, da accogliere e da custodire.

In questa ultima novena ho riletto alcuni passaggi di una catechesi di Papa Francesco nel 2017 sul tema della Speranza (vedi anche Giubileo); ne scelgo uno per farti i miei più cari auguri di Natale: Anche Dio ci ha fatto per fiorire. – afferma il Papa – Ricordo quel dialogo, quando la quercia ha chiesto al mandorlo: “Parlami di Dio”. E il mandorlo fiorì.

Ecco, ti auguro di cuore di fiorire.

Buon Natale.

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